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tappa 6bis

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Mandalay é il luogo più religioso del paese. La città é enorme, circa 4 o 5 milioni di abitanti. Le strade, come a Yangon, non hanno praticamente illuminazione. Le luci che vedi sono quelle dei negozi al neon. I negozi, a parte alcuni supermarket che sono più o meno organizzati come i nostri, sono di un caro da far paura: es. Un kg d'uva 7 euro, una scatoletta di formaggini 3.50 euro e così via. Sono posti per  ricchi o per stranieri. I ricchi su una popolazione di quasi 50 milioni non mancano. Girano con i suv toyota. I negozi per il popolo si affacciano direttamente sulla strada e, generalmente, sono sul fatiscente. Le strade e i marciapiedi, se esistono, sono sullo sporco, pozzanghere, rivoli d'acqua nera, edifici lasciati andare. Tutto come se cifossimo fermati a fine 800 ogiù di lì. La gente,  anche i maschi, portano una specie di gonna che si chiama longly o qualcosa del genere. Quasi nessuno ha le scarpe, quasi tutti usano gli infradito in plastica. Molti uomini masticano il  chat che é una foglia eccitante cosparsa di calce bianca. Lascio immaginare il risultato su bocca e denti. Al di là di questo la gente é molto dignitosa, abbastanza curata. Le donne si truccano in modo strano: con una specie dj poltiglia ottenuta sfregando un pezzo di legno su un ripiano bagnato, si truccano il viso. Anche molti uomini lo fanno.
La strada é il centro della vita. Si commercia, si vende, si gioca, si riparano le auto, si mangia, ci si siede in terra, si chiacchera, si beve il té, ovviamente amaro.
E' ache il luogo dove passa di tutto: bus anni 30, carri trainati da buoi, furgoni stracarichi di merci e persone, bufali, pecore, risciò a pedale, biciclette, motorini,  camion con gas di scarico nero da far svenire.
Gli edifici, a parte qualche eccezione, come dicevo, sono per lo piú sul fatiscente, mezzo diroccati, neri di smog. Insomma un bel casino. Ma non é tutto così: c'é anche molto verde, qualche parco, le pagode che risplendono d'oro, i monaci in motorino o con il loro bel cellulare, c'é la campagna verdissima, il colore delle vesti femminili, i bambini che giocano con gli aquiloni, i ragazzi e le ragazze che imitano la moda occidentale, le finte magliette di Armani o Dolce e Gabbana, e così via.
Poi ci sono i villaggi, le etnie diversissime tra loro, il pedaggio che devi pagare quando attraversi il villaggio perché lo Stato é assente e queste sono le uniche entrate per riparare una strada o mettere un lampione.
Ma questa é un'altra storia che lascio alla prossima puntata.
Ciao.

mail del 6.11. 2012

Stamattina sono andato a scuola. Una lunga passeggiata sulla spiaggia fino al villaggio di pescatori. Di fronte al villaggio, stesi su stuoie sulla sabbia, migliaia e migliaia di pesciolini ad essicare. Sardine bengalesi? Boh...Poi sono entrato nel villaggio attraverso una stradina che non descrivo per carità di patria (birmana, beninteso).A destra e sinistra casupole, o meglio capanne, immerse in un palmeto straordinario. Donne indaffarate, negozietti dove si vendono poche cose, soprattutto cibo. Il tutto, ovviamente tra odori (e puzze) di ogni tipo. Qua e la un fuoco acceso. La gente é sempre cordiale, come ti vede sorride. Nessuno, ovviamente,  parla inglese e intendersi é davvero un problema. Poi vedo dei bambinetti con tanto di zainetto sulle spalle e mi dico che vanno forse a scuola. Chiedo a gesti dove trovo la scuola e mi indicano la strada. Un km sotto un sole da 35 gradi, evitando buche, pozzanghere, escrementi, carri, buoi, cani brutti da far paura, ecc. Arrivo cosí sulla strada principale e, finalmente, eccola lì la scuola. Scuola primaria. Il cancello è aperto ed alcuni ragazzini stanno sta arrivando. Ma sono solo le 8.30 e la scuola inizia alle 10 e finisce all'una. Un baracchino di fronte all'ingresso mi offre una sedia ed aspetto. Il baracchino vende una specie di granatina in un bicchiere con del ghiaccio tritato con un arnese che probabilmente usavano gli antichi egizi. Nel ghiaccio aggiungono un liquido rosso, due o tre pezzetti di non so bene cosa e, praticamente, quasi tutti i bambinetti vengono proprio lì ad acquistarlo.Intanto la scuola si sta popolando. I bambini arrivano a piedi, alcuni accompagnati dalle mamme o dal papà in bicicletta, tutti o quasi truccati in faccia alla moda locale e tutti, rigorosamente con pantaloncini o gonna verde palma. Deve essere un retaggio inglese. Alle 10 meno 10 arrivano i maestri e mi azzardo a scambiare qualche parola nel mio povero inglese che a confronto del loro sembra uscito da un'accademia londinese.Sia come sia, mi fanno accomodare nella sala prof. (Che è un bel posticino con cesso alla turca ben in vista). Poi mi dicono che la scuola ospita 600 bambini divisi in otto classi. Suona la campanella e tutti entrano in classe e tutti, a mani giunte, iniziano con una preghiera.Mi fanno entrare in una classe con circa 70 bambini che, come naturale, mi vengono incontro, vogliono essere fotografati, mi chiedono anche qualcosa nella loro lingua incomprensibile. Il casino è al massimo. Poi arriva il 'master'(lo chiamano proprio così gli insegnanti). Deve essere una specie di direttore. Mi saluta, mi offre il tè bollente con temperatura esterna che intanto sarà arrivata a  38 gradi. Mi accompagna in una classe dove studiano inglese e mi chiede di scrivere qualcosa alla lavagna con targhetta Unicef. Chiedo a gesti del gesso, il maestro ha capito, lo cerca, lo cerca ancora ma non lo trova. Allora manda un ragazzino nella classe vicina a recuperarlo. Dopo un quarto d'ora arriva con un gessetto che si fa perfino fatica a vederlo tanto è un mozzicone. Poi, raschiando quasi la lavagna con le mie unghie, diligentemente scrivo 'my name is Roberto and Italy is my country'. Il master mi guarda in modo interrogativo, tira fuori un cellulare e, non so come, va su google map a cercare l'italia. Solo che la cerca vicino alla Tailandia e, logicamente non la trova. Allora,  con il mio ditino, faccio scivolare la mappa verso l'europa e, oplà, trovo la penisola con tanto di scritta Italy.Il master mi guarda dubbioso o meravigliato e allora gli indico la scritta Italy. E' questa l'Italia, gli dico, sì, sì, è in Europa. E lui ripete 'oh, yes. Europe'.  E le classi?, i banchi? Praticamnete le classi sono degli stanzoni spogli di tutto, una lavagna, la cattedra non esiste. I banchi sono delle panche. 4 per panca, maschi e femmine insieme. Mi mostrano i libri e i quaderni, qualcuno mi dice il suo nome inpronunciabile e, alla fine, saluto tutti, bambini, insegnanti e master che vorrebbe che visitassi tutte le classi. Così saluto e me ne vado.All'uscita, tra un caos indescrivibile di animali, furgoni, buoi e donne con cesti sulla testa, mi chiedono 'taxi?' Certo, dico io, e mi fanno salire in un furgoncino tipo taxi collettivo. Dico il nome dell'hotel ma mi rispondono che devo aspettare che il furgoncino si riempia. Dopo mezz'ora il furgoncino non è pieno, è strapieno, con ragazzi e uomini più fuori che dentro dalla ressa. Finalmente si parte ma date le condizioni della strada che è tutta una buca per fare due km. ci mettiamo una ventina di minuti. Arrivo in hotel sudato e stravolto. Vado in camera, mi spoglio e con le mie infradito, omaggio dell'albergo, vado in spiaggia. Su tre km. saremo in 10 turisti. Entro in acqua. E' calda come una vasca a 30 gradi. Ma si stada dio. Non importa se sia Budda o qualsiasi altro. Ciao

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